Che cos’è l’empatia

Empatia è un concetto ormai entrato ampiamente nel nostro vocabolario quotidiano. Dalle sue origini nel campo della filosofia e della psicologia è finita negli ultimi decenni a occupare un posto di spicco nel linguaggio della cultura occidentale. Ma che cos’è l’empatia e, soprattutto, siamo sicuri di riferirci ad essa quando ne parliamo?

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INDICE
1. Un concetto umano
2. Due gradi di empatia
3. Sentire diversamente
4. Empatia e clinica
5. Riferimenti bibliografici

1. Un concetto umano

Che cos’è l’empatia? Empatia è un termine che nasce nella speculazione filosofica continentale (tedesca in particolare modo) del XX secolo, in particolare grazie al pensiero di filosofi come Edmund Husserl o Edith Stein. Non è un caso che un importante testo della Stein si intitoli “Il problema dell’empatia”, come a volerne sottolineare il carattere complesso e non immediato che abbisogna, appunto, della riflessione filosofica.
La storia dell’idea di empatia ci ha portato, ad oggi, di fronte sostanzialmente a un bivio: da un lato l’empatia ha continuato ad essere elaborata e meditata tenuto presente l’alveo umanistico e “problematico” da cui nasce. D’altro, come spesso succede nella storia delle idee, l’empatia ha preso una strada semplicistica, sfociando in un bacino che mescola buonismo e moralismo.
Che cos’è l’empatia in campo mediatico, ad esempio? Sfogliando riviste, pagine social, ma anche ascoltando i discorsi di taluni personaggi televisivi, l’empatia emerge come una capacità umana di “mettersi nei panni dell’altro”, qualità innata o che può essere appresa attraverso pratiche di sensibilizzazione, partecipando alla sofferenza o al vissuto altrui e, quindi, sperimentandolo in maniera speculare sulla propria pelle.
Emerge qui un primo problema importante: in che modo, metterci nei panni dell’altro, ci aprirebbe al suo mondo? Sperimentare me stesso nel mondo dell’altro non rischia invece di farmi prendere abbagli, specialmente laddove il mondo dell’altro è molto diverso dal mio?

2. Due gradi di empatia

Che cos’è l’empatia, a voler essere più precisi? La riflessione filosofica, psicologica e ad oggi anche neuroscientifica ed etologica, ci porta verso un’idea di empatia che, se da un lato possiamo pensare come una qualità presente in ogni essere umano, dall’altro è molto meno “a portata di mano” di quanto possiamo credere. L’empatia è anzitutto una qualità che caratterizza il nostro essere interconnessi agli altri nel qui ed ora. Significa compartecipare ai nessi di significato condivisi con gli altri in un determinato spazio-tempo. Questa, che possiamo definire empatia di primo grado, è implicita e indipendente dalle nostre scelte. C’è o non c’è. Colombo e i nativi americani soffrivano reciprocamente, necessariamente, di un problema di empatia di primo grado.
L’empatia di primo grado si genera quando più persone condividono bisogni, aspettative, orizzonti. Se viviamo sotto lo stesso cielo (vedi l’etimo di “epoca“), abbiamo buone probabilità di capirci.

3. Sentire diversamente

Rispondere alla domanda che cos’è l’empatia implica a questo punto considerare un secondo passaggio, che chiameremo empatia di secondo grado.
Se fin qui abbiamo parlato di un empatia spontanea, implicita, possiamo ora chiederci se esista un empatia intesa come “scelta” di andare verso l’altro.
Se è vero che l’empatia si genera per compartecipazione di mondi, è solo incontrando questi mondi che ci diamo la possibilità di “sentire diversamente”. Questo è un punto decisivo. L’empatia di secondo grado implica la volontà di incontrare l’altro, non l’empatia stessa.
Non si tratta di “mettersi nei panni di”, cosa che rischierebbe di sovrascrivere me a te. Si tratta di lasciare spazio, di “muoversi più lentamente” in territori nuovi. L’altro, specialmente se molto diverso da me, è un territorio spesso inesplorato. Come possiamo pensare di empatizzare con lui se ci “pensiamo” al posto suo? Probabilmente non ci capiremo nulla.
Cosa sento, invece, se attraverso l’incontro, il dialogo e la relazione compartecipo a questo “nuovo mondo”? Attenzione: empatizzare con il mondo dell’altro può anche voler dire esserne turbati, infastiditi, contrariati. Non è scritto da nessuna parte che provare empatia generi amore. Migliora le probabilità di comprendersi, è ben diverso.

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4. Empatia e clinica

In ambito clinico l’empatia è cardine del lavoro psicologico e psicoterapico con i pazienti. Non un empatia per sovrapposizione, ma come responsabilità, sforzo proteso a lasciare spazio all’altro e a sentire l’odore, il peso, l’atmosfera, il sapore del suo mondo fin dove ne sono capace. Accettando, quindi, la fallibilità della mia empatia laddove smetto di “sentire”.
Sentiamo sempre, quando decidiamo di incontrarci e di lasciare spazio agli effetti dell’essere-con. L’aspetto meraviglioso di tutto questo è che questi effetti sono sorprendenti, spesso spaesanti.
Che cos’è l’empatia? È l’effetto generato dallo stare con l’altro, sotto lo stesso cielo, per necessità o per scelta, restando in attento ascolto. Fin dove possiamo “sentire”?

Se vuoi approfondire il tema sentiti libero di contattarmi.

5. Riferimenti bibliografici

Binswanger, L. – Per una antropologia fenomenologica
De Monticelli, R. – L’ordine del cuore: etica e teoria del sentire
Husserl, E. – Fenomenologia e teoria della conoscenza
Gallese, V.; Morelli, U. – Che cosa significa essere umani?
Pinotti, A. – Empatia: storia di un’idea da Platone al postumano
Rizzolatti, G.; Sinigallia, C. – So quel che fai: il cervello che agisce e i neuroni specchio
Stanghellini, G.; Rossi Monti, M. – Psicologia del patologico
Stanghellini, G.; Mancini, M. – Mondi Psicopatologici
Stein, E. – Il problema dell’empatia
Stein, E. – La struttura della persona umana

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