Liberi pensieri

Scritto così potrebbe alludere alla difficoltà che molti adolescenti sperimentano negli anni che seguono la maggiore età, l’inizio degli studi universitari o del lavoro, l’allontanamento fisico dal tetto di casa, l’aumento delle responsabilità.
In realtà in questo articolo vorrei parlare della paura di diventare grandi da una prospettiva molto più pervasiva che in qualche modo riguarda tutte le età.

Indice
1. Società e smarrimento
2. Psicopatologia della paura di diventare grandi
3. Responsabilità e cura
4. Riferimenti bibliografici

1. Società e smarrimento

Sembra ormai quasi un luogo comune, una tautologia ripetuta in ogni dove: viviamo nell’epoca dove tutto è post. Post ideologico (Hobsbawm), moderno (Lyotard), narcisistico (Lancini) e sempre più ultimamente si parla di post umano (transumanesimo, AI, nuove tecnologie).
La spaccatura più grande rispetto a tutto ciò che ancora non definivamo post riguarda in particolare modo il tema dell’Ordine: confini, leggi, religioni, ideologie, ideali. Il passato ci appare spesso come fanatico, enfatico.
Se ancora oggi pullulano e anzi crescono a dismisura fanatismi sono più delle reazioni di nicchie eterogenee, non certo dei movimenti culturali imponenti.
Il presente è transitorio, incerto, liquido (Bauman). La paura di diventare grandi esonda rispetto al periodo in cui è psicologicamente ovvio che possa emergere (fine dell’adolescenza).
La paura di diventare grandi è un fenomeno in costante crescita e in cui sempre più generazioni tendono a ritrovarsi. Se è vero che le paure degli attuali adolescenti sono ben diverse da chi oggi ha tra i 25 e i 45 anni, mi sento di dire che in tutti i casi è lo smarrimento a fare da crocevia.
Relazioni internazionali precarie e sul filo del rasoio, allontanamento del Potere (istituzioni, politica, comunità internazionali) rispetto alla quotidianità del cittadino; ma anche indebolimento delle vecchie istituzioni, incertezze sul futuro economico, decostruzionismo culturale, financo affettivo e morale. Si potrebbe andare avanti a lungo. Attenzione: non facciamo l’errore di pensare che questi fenomeni siano di per sé negativi. Sforziamoci di non giudicare. Quel che è certo è che nulla di quanto detto fa rima con “Ordine”.

2. Psicopatologia della paura di diventare grandi

La paura di diventare grandi non è tanto una reale presa di coscienza, quanto piuttosto uno spirito del tempo. Tutti vogliamo, chi più chi meno, un futuro stabile e sereno. Sempre meno sono coloro che, anche in assenza di concreti problemi materiali, sentono davanti a loro una strada definita.
La psicopatologia della paura di diventare grandi non è, dunque, l’ennesima categoria nosografica fatta di sintomi da curare nel circuito socio sanitario della salute mentale, ma un fenomeno storico e culturale.
La prospettiva futura apre le porte all’ansia e a fenomeni di panico. Pan, Dio greco della natura primordiale e caotica, si burla delle nostre leggi. I grandi di oggi, uomini di circa 30-40 anni, camminano su strade scivolose. I giovani di oggi, ragazzi tra i 15 e i 20 anni, non sanno dove riporre le loro speranze dato che i grandi, pur animati dalle più buone intenzioni, sono spesso costretti a deluderli.
Si configurano così delle vie d’uscita illusorie, precarie. Ritiro sociale, drastico ridimensionamento delle ambizioni, regressioni a momenti di vita ormai troppo lontani dall’orologio biologico. La zattera della Medusa è un luogo fuori dalla storia, fatto di una camera da letto, di eventi ed esperienze “unici” vissuti in catena serrata, di relazioni precarie in cui è sempre meglio non impegnarsi troppo, di cambiamenti di vita radicali o di viaggi spirituali.
La patologia Borderline è, a mio avviso, quella che, uscendo dalle griglie del disturbo in senso stretto, più caratterizza tutto questo. Borderline, del resto, è una linea di confine. Un non-ancora che tende ad una pace che non trova strumenti per poter edificare.
La musica, il cinema, la letteratura parlano abbondantemente di tutto questo. Da Sanremo all’indie underground. Da eroi sempre meno eroi ad autori di bestseller che “confessano” di non sapere, di avere paura, perché ci siamo dentro tutti.

paura di diventare grandi psicologo pavia

3. Responsabilità e cura

Ora se si prescinde da tutto questo diventa impossibile provare a comprendere cosa sia la paura di diventare grandi. L’epoca in cui i drammi familiari individuali riuscivano a giustificare comportamenti patologici è sempre più lontana. In assenza di un contesto culturale definito, la fragilità è insita nello sfondo storico stesso di ogni individuo che appartiene ad una società occidentale e iper industrializzata. È un a-priori su cui, poi, si radica la vita di ognuno.
La paura di diventare grandi credo vada ormai presa come un assunto. Dobbiamo partire dall’idea che la condizione attuale dura ormai da decenni. La vita liquida di cui parlava Bauman risale agli anni 90. Al quarto di secolo del nuovo millennio la liquidità è diventata una caratteristica antropologica che ha ormai eroso la terra ferma.
In queste libere riflessioni (un po’ a getto, chiedo perdono), credo che sia fondamentale non colpevolizzare il passato ma provare a costruire nuove coordinate. Perché se c’è qualcosa che non può cambiare sono i nostri fondamentali bisogni umani. Ogni ragazzo avrà sempre bisogno di riconoscersi in un adulto, e ogni adulto avrà sempre bisogno di poter guardare sotto le proprie mani e poter dire: è così la vita. Pur nella sua complessità, la vita ha bisogno di senso. E il senso non lo si decide razionalmente, lo si sperimenta e lo si assume.
La paura di diventare grandi necessita anzitutto della lucida presa d’atto di come stiamo vivendo, senza perderci in discorsi e ideologie che non sono più nostri. Se non ci perdiamo e non ci chiudiamo, se accettiamo di avere paura, ritengo che ci apriamo alla possibilità più importante: tornare a vivere e ricevere dalla vita stessa le risposte che cerchiamo. Siamo tutti sulla stessa barca, naufraghi accumunati dalla stessa carne che pulsa alla disperata ricerca di una forma.

Se le mie riflessioni ti hanno acceso domande, dubbi o critiche, sentiti libero di contattarmi per confrontarci insieme su questo tema tanto delicato.

4. Riferimenti bibliografici

Aime M.; Pietropolli Charmet G. – La fatica di diventare grandi
Bauman Z. – Vita liquida
Hobsbawm E. – Il secolo breve
Lancini M. – Sii te stesso a modo mio
Lyotard F. – La condizione postmoderna
Pietropolli Charmet G. – L’insostenibile bisogno di ammirazione

Articoli correlati